Non è mai una cosa semplice indire uno sciopero generale. È paradossalmente ancor più difficile farlo in questo periodo, in cui pure le ragioni per fermare la produzione e farsi sentire diventano ogni giorno ancor più urgenti ed evidenti. È uno sciopero necessario ma dalla riuscita incerta e sarebbe sbagliato negare il rischio che una scadenza di lotta finisca per essere vissuta, e diventare, un appuntamento rituale. Vorrebbe dire aver trasformato un momento forte di rottura e di scontro, cui ricorrere come extrema ratio, in qualcosa di scontato e ripetitivo. Eppure c’è stato un periodo in cui, proprio al rientro dalle ferie ad ottobre, il sindacalismo di base e conflittuale è riuscito a costruire un percorso unitario quantomeno utile, e necessario, per rompere il muro del silenzio sulle condizioni di lavoro e i diritti negati…
Oggi sembra davvero tutto cambiato, forse definitivamente. Abbiamo conosciuto la pandemia del COVID-19 e diverse parole nuove sono entrate nel nostro vocabolario. “Lockdown” ha significato l’imposizione di decreti che impedivano la vita sociale: uscire di casa, portare i bimbi al parco, viaggiare senza permessi. Abbiamo conosciuto cioè il “Distanziamento Sociale”, altro termine che è entrato nel vocabolario collettivo. Per noi, che ci definiamo anarchici sociali, sono due parole che non possono stare insieme, l’una il contrario dell’altra.
Distanziamento sociale voleva dire non parlatevi, non comunicate, a voi ci pensa lo Stato, anzi il Governo: una sorta di Grande Fratello. Per un paio di mesi abbondanti c’è stata una sospensione dei diritti mentre nel silenzio più totale le operaie e gli operai, le lavoratrici e lavoratori continuavano ad essere attivi, spesso senza tutela. In sanità hanno continuato a lavorare senza protezione alcuna, ad ammalarsi ed anche a morire. La Lombardia, la regione considerata all’avanguardia come modello sanitario a livello mondiale, ha avuto la debacle più totale: una regione all’avanguardia nell’inefficienza e nel pressapochismo. La gestione criminale e cialtrona della Regione ha messo in ginocchio le famiglie e ha fatto morire migliaia di anziani. Un serial killer spietato e raffinato ed i numeri veri di questa catastrofe probabilmente non si sapranno mai.
Gli anarchici, i centri sociali, il Sindacalismo di Base e conflittuale nelle sue varie componenti, la CUB, le comunità di lotta includenti e tante altre persone non si sono piegati supinamente ai voleri governativi. Con tutte le difficoltà del momento hanno mantenuto alta la tensione organizzativa nelle fabbriche, nei territori e nei luoghi di lavoro dove erano e sono presenti. Appena finito il cosiddetto Lockdown sono ripartiti i conflitti, sia contro i padroni sia contro il governo e le sue appendici regionali – tutto questo nonostante i divieti, la repressione e le multe.
Oggi questa situazione di insicurezza, legata anche all’utilizzo non sempre lineare degli indicatori della pandemia, rischia di generare ancor più irrazionalità. Le persone sono indotte a percepire il controllo dello Stato, nella sua versione governativa come in quella pseudo contestataria e fintamente antisistema della destra, come l’unica cosa buona. L’accettazione acritica da parte della popolazione di quanto trasmesso spiana la strada ad una società autoritaria. I nuovi decreti, i divieti, le imposizioni, servono a farci sentire soli e senza possibilità di agire.
Senza organizzazione sociale solidale le notizie di nuovi contagi diventano rassegnazione.
Ecco perché lo Sciopero Generale indetto dalla CUB è importantissimo. Va sostenuto e propagandato, al di la dei numeri che ci saranno nelle piazze. Questo sciopero serve a dare un segnale alle persone, ai lavoratori, ai migranti che non siamo soli e che solo stando insieme in Mutuo Appoggio si può superare qualsiasi crisi. Serve anche a far sentire ai padroni che non tutti si sono rassegnati alle terribili prospettive di povertà che ci attendono.
In questi mesi la CUB a Milano è stata promotrice di diversi momenti di lotta estremamente radicali con il sostegno attivo di un buon numero di lavoratrici e lavoratori. È ancora però troppo poco: proprio in questa città da due settimane è stato riaperto il lager di stato, il CPR di via Corelli.
Tanti anni di lotte interne ed esterne ne avevano ottenuto la chiusura ed invece proprio ora Comune, Regione e Governo tornano all’attacco. I CPR sono una mostruosità legislativa, un insulto al diritto, un luogo di detenzione per persone innocenti, imprigionate senza diritti per il solo fatto di non essere in possesso del permesso di soggiorno.
Solo per questo lo Stato e le sue istituzioni andrebbero abolite e anche per questo lo Sciopero Generale del 23 va sostenuto, nonostante le incertezze sanitarie del momento. Le difficoltà sono tante. La scommessa è iniziata: come si è detto in questi mesi, non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema…
A.D & A.P- Milano